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Un bollettino di guerra. I dati resi noti nei giorni scorsi dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel "Rapporto globale su alcol e salute e sui disturbi da uso di sostanze" non lasciano spazio a pensieri ottimisti: 2 milioni e 600mila morti per alcol, il 13 % dei quali (338mila persone) sono giovani tra i 20 e i 39 anni. A questi si aggiungono 600mila vittime di droghe psicoattive. E anche se i dati non sono aggiornatissimi (gli ultimi disponibili fotografano il 2019) l'impressione è che il trend - nei cinque anni seguenti, e quindi fino a oggi - non si sia affatto invertito. 
Per i dettagli e l'interpretazione del “Global status report on alcohol and health and treatment of substance use disorders”, che effettua quindi una panoramica sul consumo di alcol, sui danni alcol-correlati, sulle risposte politiche al problema e sulle capacità di trattamento dei disturbi da uso di alcol e sostanze nel mondo, riportiamo il parere di Emanuele Scafato e Claudia Gandin, entrambi in forze all'Osservatorio Nazionale Alcol, Centro Nazionale Dipendenze e Doping, ISS (Istituto Superiore di Sanità): “L’uso di sostanze psicoattive, compresi i farmaci e i prodotti contenenti alcol, comporta un grosso onere sanitario e sociale. Nel 2019 sono state 2,6 milioni le morti causate dall'alcol nel mondo e 600.000 quelle causate da droghe psicoattive. Il consumo di queste sostanze comporta anche conseguenze sociali ed economiche per la comunità. Proprio per questo, la prevenzione e il trattamento dei disturbi da uso di sostanze è tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goal - SDG) dell’Agenda 2030 dell’OMS, con l’obiettivo SDG 3.5 che invita gli Stati membri a rafforzare ‘la prevenzione e il trattamento dell’abuso di sostanze, compreso l’abuso di stupefacenti e il consumo dannoso di alcol’” commentano i due studiosi.
Ancora: “Nonostante dal 2010 ci sia stata una riduzione del consumo di alcol e dei danni alcol-correlati a livello mondiale, l’onere sanitario e sociale dovuto al consumo di alcol rimane inaccettabilmente elevato. I giovani sono i più colpiti: nel 2019 la percentuale più alta di morti alcol-attribuibili (13%) ha interessato individui di età compresa tra 20 e 39 anni”.
Dati preoccupanti, senza dubbio, ma non è tutto qui, perché il fatto che la piaga dell’alcol Abbia forti connotazioni economico-sociali si sapeva: “Il rapporto evidenzia che l’accesso a un trattamento di qualità per i disturbi da uso di sostanze è ancora in gran parte limitato o inaccessibile ai più bisognosi. Ciò riguarda quasi mezzo miliardo di persone nel mondo che convivono con disturbi derivanti dall’uso di alcol o droghe. Stigma, discriminazione e scarsa informazione contribuiscono a incrementare le difficoltà di accesso ai servizi di prevenzione e cura”.
Dunque, che fare? Oltre alla necessità di campagne globali di sensibilizzazione sull’argomento, serve una presa di posizione decisa: “L'alcol è la sostanza psicoattiva più diffusa, che spesso conduce verso l'uso di sostanze illegali – commentano Scafato e Gandin - Nonostante ciò le istituzioni non attivano le necessarie azioni di tutela in particolare mirate ai più vulnerabili: minori, adolescenti, donne, anziani. In Italia, come molte in altre nazioni, non si riuscirà a raggiungere l’obiettivo previsto per il 2025 di riduzione della mortalità da consumo dannoso di alcol pro capite. Le capacità di prevenzione e trattamento dei disturbi da uso di alcol e sostanze sono parte integrante della copertura sanitaria universale e dovrebbero essere rafforzate come previsto dall’obiettivo SDG 3.5; e sono necessari sforzi maggiori per favorire la formazione degli operatori sanitari a tutti i livelli, non solo per assicurare interventi efficaci di prevenzione e trattamento di condizioni mediche dovute all’uso di sostanze, ma anche per implementare le strategie più adeguate di sanità pubblica”.
E visto che tutto lascia presagire che “l’obiettivo globale di riduzione del 20% del consumo dannoso di alcol non potrà essere raggiunto entro il 2030, a meno di un forte impegno politico di advocacy e una mobilitazione di risorse per garantire la piena implementazione del Piano d’azione globale sull’alcol 2022-2030 con particolare attenzione alle misure politiche ad alto impatto incluse nel pacchetto SAFER dell’OMS- si legge ancora - è necessario incrementare gli sforzi internazionali per il trasferimento delle conoscenze e delle competenze, con l’obiettivo di consentire lo sviluppo e l’attuazione di politiche sanitarie pubbliche efficaci, compreso il rafforzamento delle reti dei punti focali nazionali, del personale delle autorità sanitarie e dei tecnici”.
Ma non è tutto, e altre soluzioni sono già a fuoco: “Il raggiungimento dell’obiettivo SDG 3.5 richiede il coinvolgimento attivo e l’empowerment delle organizzazioni della sociale civile, delle associazioni professionali e delle persone che hanno sofferto di disturbi da uso di alcol e sostanze – proseguono gli estensori del report - È necessario un sistema di monitoraggio multilivello, e capacità e infrastrutture di ricerca per una migliore comparazione dei dati e per monitorare i progressi rispetto all’obiettivo”. Infine, quel che può fare la differenza è “la mobilitazione e l’allocazione delle risorse e nuove forme di finanziamento dovrebbero essere incrementati per sostenere l’implementazione delle politiche sanitarie pubbliche e rafforzare la capacità dei sistemi sanitari e sociali di affrontare il consumo di alcol e sostanze e il disturbo correlato”.

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