Condividi sui social

Il 5 giugno si celebrerà la Giornata Mondiale dell’Ambiente (World Environment Day), istituita nel 1972 per sviluppare consapevolezza e azioni concrete a livello planetario in favore dell’ambiente.
Il tema scelto dall’ONU per la giornata 2024, assegnata all’Arabia Saudita, che nella capitale Riyhad ospiterà – dal 2 al 13 dicembre prossimi - la 16^ Conferenza delle Parti (COP 16) della Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta alla desertificazione (UNCCD), è: “La nostra terra. Il nostro futuro. Siamo #GenerationRestoration”, uno slogan scelto per sottolineare la necessità del ripristino del territorio, i rischi della desertificazione e la resilienza alla siccità.
Stando alla UNCCD (che proprio quest’anno compie tre decenni di vita), infatti, una percentuale vicina al 40% del territorio del pianeta è degradato, e le conseguenze del problema si fanno sentire su metà della popolazione mondiale, minacciando circa il 50% del PIL globale (44 trilioni di dollari). Dal 2000 numero e durata dei periodi di siccità sono infatti aumentati del 29%, e il timore è che senza azioni immediate, entro il 2050 la siccità potrebbe colpire oltre il 75% della popolazione mondiale.
Clima e problemi respiratori
La tutela dell’ambiente, cui la Giornata Mondiale richiama governi e cittadini, è comunque fondamentale anche sul fronte dei problemi respiratori, perché – come sottolinea l’OMS – “Disponiamo adesso di un vasto consenso scientifico sul fatto che il riscaldamento globale avrà profonde conseguenze negative su alcuni dei fattori più determinanti per la nostra salute: cibo, aria e acqua”. E se pare ovvio che a risentire della questione saranno le categorie più fragili, ecco che la European Lung Foundation segnala nello specifico, come conseguenza del riscaldamento globale, un “aumento delle malattie respiratorie e delle allergie, a causa delle maggiori concentrazioni di ozono a livello del suolo, del particolato e della diversa distribuzione dei pollini”.
Quali saranno dunque gli effetti sui polmoni? “Le principali condizioni polmonari su cui possono influire i cambiamenti climatici sono: asma, broncopatia cronica ostruttiva (BPCO), rinosinusite, infezioni dell’apparato respiratorio” si legge nel documento. Che paventa un “aumento dei ricoveri ospedalieri e dei decessi tra chi è affetto da BPCO, tra gli anziani e tra chi vive in dimore scadenti. Gli inverni più miti effettivamente possono portare una riduzione dei decessi per malattie polmonari. I rari periodi di freddo intenso però potrebbero favorire le infezioni polmonari e peggiorare i sintomi della BPCO”.
Ancora: “I livelli più alti di ozono e di polveri sottili renderanno più difficoltosa la respirazione, con probabili affanni. Possono insorgere attacchi di asma acuto. Gli alti livelli di agenti inquinanti possono provocare più sintomi respiratori e ridurre la funzione polmonare, specie negli asmatici, negli anziani, nei bambini e in chi soffre di malattie respiratorie croniche. Tra gli adulti saranno più frequenti le morti respiratorie. All’inquinamento atmosferico si sono già attribuiti, nella UE, 350.000 decessi all’anno”.
Inutile precisare che i problemi saranno amplificati per chi vive in condizioni disagiate: “In condizioni di vita precarie, si fa più probabile l’insorgere di infezioni respiratorie come la polmonite. L’umidità provoca tosse e affanno ed è stata correlata all’asma. Le spore della muffa causano o aggravano asma e rinite. Se le condizioni dei luoghi chiusi sono alterate, è più probabile che si accumulino gli acari della polvere, causa di asma e allergie. Le persone saranno esposte a vari allergeni, ad es.: più muffe esterne, polline d’erba, spore fungine nell’aria umida, tutte possibili cause di asma e rinite allergica (febbre da fieno). Le epidemie di asma sono state legate ai temporali. Le gocce d’acqua (pioggia) che trasportano i pollini si spezzano in particelle più piccole che a quel punto possono essere inalate”.
E non è finita: “Cambierà la frequenza di alcune infezioni polmonari: si potranno verificare infezioni tropicali in Europa; la diffusione dell’influenza aviaria potrà subire mutamenti imprevedibili, poiché cambieranno le migrazioni degli uccelli; potrebbero diminuire alcune delle infezioni respiratorie tipicamente presenti nei mesi invernali”.
E se il quadro è francamente inquietante, che fare? Nella tutela dell’ambiente l’impegno dev’essere di tutti, anche a livello individuale. Ma la parte maggiore spetta naturalmente alla politica, con scelte coraggiose e, in ambito sanitario, con la formazione di medici e infermieri esperti nei problemi respiratori (e non solo) legati ai cambiamenti climatici.

 

Alessandra Rozzi
Redazione Respiro.News

Usando questo sito si accetta l'utilizzo dei cookie per analisi statistiche e contenuti personalizzati. Privacy policy