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Una campagna social e due corsi di formazione a distanza, uno più generale e uno sulle tecniche di de-escalation e di gestione dell’aggressività e dello stress: sono queste le nuove iniziative FNOMCeO, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri per prevenire le aggressioni contro gli operatori sanitari, lanciate in concomitanza con la “Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari” istituita dal Ministero della Salute, che si celebra ogni anno il 12 marzo.
I dati? Il monitoraggio dell'Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e sociosanitarie (ONSEPS) istituito presso il Ministero della Salute, nel 2023 sono state oltre 16mila le segnalazioni complessive di aggressioni a operatori sanitari sull'intero territorio nazionale, per un totale di circa 18mila operatori coinvolti nelle aggressioni segnalate. A segnalare i 2/3 delle aggressioni sono state professioniste donne, coerentemente con la composizione di genere del personale sanitario. Le fasce d'età più colpite sono quelle tra i 30-39 anni e tra i 50-59 anni. La professione più interessata è quella degli infermieri, seguita da medici e operatori socio-sanitari. I setting più a rischio sono risultati essere i Pronto Soccorso e le Aree di Degenza e gli aggressori principalmente gli utenti/pazienti. Il 26% delle aggressioni segnalate sono fisiche e il 68% sono aggressioni verbali, mentre il 6% delle aggressioni avviene contro beni di proprietà del professionista sanitario aggredito.
“I dati sono drammatici – afferma il Presidente FNOMCeO Filippo Anelli – e dimostrano una crescita del fenomeno in tutte le Regioni. Poco più di un mese fa, in Puglia, sono stati resi noti i risultati di un’indagine esplorativa sul fenomeno della violenza nei confronti degli operatori sanitari afferenti al Sistema Sanitario Regionale pugliese…Allo studio hanno partecipato tutte le 10 Aziende Sanitarie e tutti gli Ospedali e i Distretti della Puglia. I risultati attestano che circa il 42% degli operatori hanno riferito di aver subito una forma di violenza sul luogo di lavoro”.
Le categorie maggiormente interessate dal fenomeno sono state quelle dei medici (34,7% sul totale), degli infermieri (32,9%) e dei farmacisti ospedalieri (31,9%). L’87% ha subito aggressioni verbali, il 12% violenza fisica, il 3% molestie. La maggior parte delle aggressioni sono state perpetrate dai pazienti (47,6%) e dai loro parenti (42,3%). Oltre il 90% degli episodi di violenza hanno avuto luogo all’interno delle strutture ospedaliere, mentre il rischio di aggressione è risultato superiore in occasione del turno notturno (35,1%). Di particolare interesse i dati sulle cosiddette Unità Operative “difficili”, Case circondariali e REMS, le Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza: in queste ultime, la percentuale di operatori sanitari aggrediti sale all’81%.
“A livello nazionale – continua Anelli – sono recentissimi i dati diffusi dal Sindacato Anaao-Assomed: l’81% dei medici che ha risposto al suo sondaggio riferisce di essere stato vittima di aggressioni fisiche (il 23%) o verbali (77%). Mentre il sindacato Cimo-Fesmed stima in 2500 le aggressioni, denunciate, che si verificano ogni anno in sanità. Bisogna intervenire – conclude il Presidente FNOMCeO – e bisogna farlo subito. Occorre dare piena applicazione alla Legge 113/2020 sulla sicurezza degli operatori: le aziende devono adottare protocolli per segnalare alle autorità competenti tutti gli episodi di violenza, in modo da attivare la procedibilità d’ufficio. Occorre agire sulla sicurezza delle sedi e degli operatori. Occorre anche una rivoluzione culturale, per cui il medico torni ad essere visto come attore della relazione di cura, e non come bersaglio da colpire. Occorrono politiche di risk management, di formazione degli operatori, di comunicazione verso i pazienti. Da qui nascono le nuove iniziative di FNOMCeO, che mirano, da una parte, a formare e informare i medici e, dall’altra, a sensibilizzare la popolazione su questo fenomeno che è una delle cause di abbandono del Servizio sanitario nazionale da parte dei nostri professionisti”.

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