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I luoghi più a rischio di diventare focolai di Covid e agire da superdiffusori sono ristoranti, palestre e caffè: è quanto emerge da uno studio americano che ha analizzato i dati di 98 milioni di cellulari per due mesi nelle principali città degli Stati Uniti e li ha confrontati con quelli dei contagi, elaborando un modello epidemiologico sulla diffusione del coronavirus. Lo studio è stato reso noto pre-pubblicazione dalla rivista scientifica Nature ed è stato sottoposto a revisione tra pari (è quindi «peer reviewed»). Proprio oggi il governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo ha ordinato la sospensione delle attività alle 22 per ristoranti e bar e la chiusura anticipata anche per le palestre.

Come spiega Nature, i ricercatori — scienziati dell’Università di Stanford, della Northwestern University di Chicago e del centro di ricerca Microsoft di Cambridge — hanno usato una mole enorme di dati anonimizzati, raccolti durante la prima ondata dell’epidemia di Covid (per 2 mesi a partire da marzo) in 10 delle più grandi città degli Stati Uniti, tra cui Chicago, Illinois, New York e Philadelphia, Pennsylvania. Hanno quindi mappato gli spostamenti ora per ora di 98 milioni di cellulari tra diversi «punti di interesse», come ristoranti, chiese, palestre, hotel, concessionarie di auto e negozi di articoli sportivi in 57.000 quartieri esaminati. Poi li hanno usati per elaborare dei modelli di diffusione dei contagi e li hanno confrontati con i dati reali sulla diffusione dell’epidemia. Quando per esempio hanno confrontato l’aumento di infezioni nei quartieri di Chicago tra l’8 marzo e il 15 aprile con i numeri reali del mese successivo, hanno visto che «il modello aveva previsto con precisione i numeri di casi confermati».

Le analisi dimostrano, scrivono i ricercatori nello studio, che «una piccola minoranza di punti di interesse “superdiffusori” sia responsabile di una grande maggioranza di infezioni e che limitare l’occupazione massima in ogni punto di interesse sia più efficace che non ridurre uniformemente la mobilità». I luoghi pubblici che, secondo questi modelli, hanno portato a un maggior aumento dei contagi nelle aree prese in esame sono i ristoranti a piena capacità, seguiti da palestre, caffè, alberghi e motel. Limitando però la presenza nei ristoranti al 20 per cento della loro capienza massima — sostengono i ricercatori —, i contagi si ridurrebbero di oltre l’80%. Dal modello emerge anche la spiegazione del perché i quartieri poveri delle città americane sono quelli con i più alti tassi di contagio: i loro abitanti hanno più raramente la possibilità di lavorare da casa, si spostano di più e frequentano negozi più affollati che in altre aree. Quelli alimentari dei quartieri più poveri hanno avuto, nei due mesi esaminati, in media il 59% di visitatori orari in più per metro quadro.

Se lo studio pubblicato da Nature fosse confermato potrebbe dare indicazioni utili su quale attività tenere chiuse e quali invece tenere aperte, limitando i danni all’economia.

Fonte: Corriere.it 

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