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Cosa sono i test sierologici? come si eseguono? cosa ‘misurano’ esattamente? Le domande a Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità.

Che cos’è un test sierologico e come si esegue?
"Si effettua con un prelievo venoso sul sangue del paziente e si ricercano gli anticorpi prodotti contro il Sars-Covid-2", spiega Locatelli. Dunque, i test sierologici ‘misurano’ gli anticorpi (immunoglobuline) IgM e IgG che vengono prodotti in caso di infezione. "Alcuni test valutano anche le IgA, cioè gli anticorpi presenti sulla superficie delle mucose dell’apparato respiratorio".

Meglio i test con prelievo dal dito o quello in vena?
I test rapidi analizzano una sola goccia di sangue prelevata da un polpastrello e danno la risposta sulla presenza o meno di anticorpi nel giro di 10-15 minuti. “Ci sono già diversi test sierologici realizzabili anche con sangue capillare, cioè con quello prelevato dalla puntura sul polpastrello come si fa per i diabetici”, conferma Locatelli. “Ma questi test capillari non sono così affidabili come quelli sierologici”.

Che differenza c’è tra tampone e test sierologico?
Il tampone serve per individuare la presenza del Coronavirus all’interno delle mucose respiratorie: “Quando il tampone è positivo - spiega Locatelli - vuol dire che ‘alberghiamo’ il virus, cioè che in quel momento Sars-Cov-2 è in circolo nel nostro organismo (anche se siamo asintomatici) e siamo contagiosi. I test sierologici, invece, servono a individuare chi è entrato in contatto con il Coronavirus e a rilevare gli anticorpi prodotti dal nostro sistema immunitario in risposta al virus. Quindi, raccontano la storia della pregressa esposizione al virus”.

I test sierologici sono tutti uguali?
Non sono tutti uguali perché può variare il livello di specificità e di sensibilità dei test, ma proprio in questi giorni il Comitato Tecnico Scientifico del Ministero della Salute ha definito le caratteristiche tecniche che dovranno avere i test sierologici tra cui un’affidabilità del 95%, la velocità di esecuzione e la possibilità di essere utilizzati su ampia scala nei vari laboratori di analisi di tutta Italia. Tra oggi e domani il commissario Domenico Arcuri avvierà la procedura pubblica per la ricerca e l'acquisto dei test, che dovranno rispondere alle caratteristiche individuate dal ministero della Salute. “E’ fondamentale - avverte Locatelli - che venga scelto un unico test sierologico in tutta Italia in modo da poter incrociare i dati e compararli per fare un’analisi valida della situazione”.

Chi dovrà fare i test sierologici?
Per il momento, il test che risponderà a queste caratteristiche verrà somministrato ad un campione di 150-200mila persone individuate su scala nazionale e suddivise per profilo lavorativo, genere e 6 fasce di età. “C’è stata una forte collaborazione con le regioni che hanno aderito compatte all’iniziativa dell’indagine epidemiologica”, sottolinea Locatelli aggiungendo: “E’ auspicabile che anche per le altre fasce della popolazione ci sia un comportamento omogeneo”.

Si può immaginare uno scenario di ‘test di massa’ per poter tornare alla normalità?
“Su questo - ragiona Locatelli - bisogna fare una riflessione complessiva che riguarda le strategie da mettere in atto per poter ripartire con il lavoro, ma bisogna tener conto anche di altri aspetti altrimenti si rischia di penalizzare alcune categorie. Per esempio, la riapertura della silvicoltura non è stata concessa basandosi sul criterio dei test ma sulla considerazione che chi si occupa di quest’attività ha un rischio di contagiare e di essere contagiato molto basso. Quindi, per il momento, la cosa più saggia è aspettare i risultati dell’indagine epidemiologica e vedere cosa emerge”. Tra la seconda e la terza settimana di maggio il lavoro dovrebbe essere completato.

I test si possono fare  ovunque e in autonomia se un cittadino volesse testarsi da solo, per tranquillizzarsi e capire se ha preso o no?
Di recente sono spuntati sul mercato un centinaio di test (soprattutto quelli rapidi), ma ci sono molti dubbi circa la loro affidabilità. Tra quelli sierologici in Italia uno è già stato validato al Policlinico San Matteo di Pavia che ha annunciato che saranno processati circa 500mila campioni al giorno in tutta Italia a partire dal 23 aprile nelle zone rosse lombarde (Bergamo, Brescia, Lodi e Cremona con priorità per medici e infermieri) ma sembra che ce ne siano almeno altri 3 in sperimentazione. In alcune città italiane già da diverse settimane questi test vengono effettuati in laboratori privati, ma non si sa quanto siano affidabili.

Che cosa significa se il test sul sangue è positivo?
Se il risultato è positivo vuol dire che si è sviluppata una qualche immunità al Covid. “In teoria siamo pronti per tornare in comunità perché per almeno un certo periodo di tempo non dovremmo rischiare di riammalarci di Covid-19 soprattutto se vengono tracciati i cosiddetti ‘anticorpi neutralizzanti’, cioè quelli che prevengono la possibilità che il virus possa legarsi al recettore presente sulle cellule dell’apparato respiratorio”, spiega il presidente del Css.

Quanto tempo dura questa immunità e c'è quindi la ragionevole certezza di non ammalarsi e di non contagiare?
“Il problema è che non sappiamo quanto tempo dura l’immunità perché si tratta di un’infezione nuova. Per saperlo i test andrebbero ripetuti almeno ogni tre-sei mesi”.

Dopo il test sierologico bisogna fare anche il tampone?
“Avere un test positivo per gli anticorpi - chiarisce Locatelli - non esclude che in quel momento un soggetto possa essere infettante. È possibile infatti aver prodotto gli anticorpi (e quindi essere positivi al test sierologico) ma avere ancora in circolo il virus e dunque essere ancora pericolosamente contagiosi. Per questo va fatto anche il tampone: solo se quest’esame è negativo si ha la certezza di non essere contagiosi”. Quindi, i test sierologici non danno un patentino di immunità ma dicono solo se una persona ha sviluppato o no degli anticorpi contro il virus.

Fonte: Repubblica.it

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