Il calcio, e più in generale lo sport, costituiscono antidoti potenti contro la dipendenza da dispositivi digitali tanto diffusa tra i bambini e i ragazzi di oggi. Ad affermarlo, intervenendo al panel “Human Change” (una campagna globale che coinvolge esperti al fine di aumentare la consapevolezza sui rischi dei social media e dei dispositivi digitali a livello di benessere mentale dei bambini) a Davos, Svizzera, nell’ambito del World Economic Forum, è stato nei giorni scorsi Michele Uva, Direttore Sostenibilità Sociale e Ambientale Uefa.
Secondo Uva l’attività fisica non implica infatti solo benessere fisico, mentale ed emotivo in bambini e ragazzi, ma costituisce la strada maestra per insegnare loro valori importanti come il lavoro di squadra, la disciplina e la condivisione, la capacità di comunicare, la cooperazione e il rispetto dei limiti.
Parlando nello specifico del calcio, il dirigente Uefa ha sottolineato come questa disciplina abbia un ruolo nodale nella protezione dei più piccoli, e come federazioni, leghe, club e allenatori dispongano quindi di uno strumento fondamentale per trasmettere ai ragazzi messaggi di sostanza, come l’importanza dello sport, la necessità di un uso intelligente della tecnologia, la necessità di liberarsi della dipendenza digitale e il ruolo fondamentale dei rapporti interpersonali nella società.
Che lo sport sia in antitesi con le dipendenza, del resto, non è una novità. Sport e Salute S.p.A., la Società dello Stato (nonché struttura operativa del Governo) per la promozione dello sport e dei corretti stili di vita, sostiene da tempo che “Lo sport può essere strumento ed al contempo soluzione per prevenire quelle forme di disagio giovanile che spingono verso le varie dipendenze, così come può rappresentare una reale via di uscita per quanti sono già caduti nelle trappole della ludopatia o delle sostanze stupefacenti, piuttosto che delle nuove e frequenti dipendenze digitali”, e ha organizzato corsi per operatori dello sport specificamente dedicati a questo argomento.
Su questo fronte, inoltre, anche gli sport acquatici possono essere d’aiuto: nel maggio scorso, ad esempio, Scuola Apnea Sardegna ha lanciato il programma Blue Life, destinato a 80 adolescenti tra i 10 e i 19 anni di Cagliari, Arbatax e Oristano. Patrocinato ancora una volta dalla società Sport e Salute del Ministero dell’Economia e dalla Fondazione di Sardegna attraverso la FIPSAS (Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee), il programma è nato dall’idea di far praticare a bambini e ragazzi gli sport acquatici, proprio nell’ottica di combattere la sedentarietà provocata dalla dipendenza digitale, con tutte le possibili conseguenze correlate tra cui alcuni identificano il diabete, in crescita in Sardegna negli ultimi anni.
I dati più recenti dell’Istituto Superiore di Sanità rilevano infatti in Italia 2 milioni di ragazzi appartenenti alla fascia 11-17 anni (la cosiddetta Generazione Z) come a rischio dipendenze. E gli imputati sono soprattutto cibo, videogiochi e social media, con conseguenti disturbi che interessano la sfera comportamentale, quella scolastica e non da ultimo la vita di relazione e familiare.