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La scorsa estate, l'Istituto Europeo Dipendenze (IEuD) ha proposto, sulla propria piattaforma digitale a partire dal proprio sito istituzionale https://istitutoeuropeodipendenze.it, due questionari di autovalutazione per l’uso di alcol e di cocaina. L'autovalutazione è importante per mettere il consumatore di sostanze di fronte alla propria consapevolezza di rischio.

I questionari avevano diversi scopi:

  1. permettere alle persone interessate di valutare autonomamente la propria relazione con la sostanza, partendo dal presupposto che chi cerca su internet parole chiave come “alcol” e “cocaina” possa avere un coinvolgimento personale;
  2. favorire una presa di coscienza e un riconoscimento concreti, oggettivi, della dimensione del problema personale;
  3. stimolare indirettamente la curiosità e possibilmente l’iniziativa verso un’opportunità di cura.

In considerazione della delicatezza dei temi trattati, i questionari erano del tutto anonimi e, seppure questa scelta abbia limitato la possibilità di associare le risposte sull’uso di sostanze con altre informazioni (quali dati socio-anagrafici, eventuali precedenti esperienze di diagnosi e cura del problema, ecc..), alcuni elementi emersi da questa raccolta sono per certo degni di nota.

Al di là dei limiti strutturali imposti dall'anonimato, in un tempo relativamente limitato sono stati raccolti ben 5.491 questionari di cui 3.618 questionari sulla cocaina e 1.873 sull’alcol, un numero decisamente alto a conferma del fatto che chi fa uso di sostanze cerca informazioni sul web e risponde positivamente a domande di interattività.

L’interesse è stato superiore per l’alcol rispetto alla cocaina in termini assoluti ed il rapporto tra questionari sull’alcol e questionari sulla cocaina è di circa 2 a 1, un rapporto che corrisponde alla nota maggiore diffusione del problema dell’alcol, anche se non ne riflette il rapporto delle reali prevalenze. Infatti, mentre la percentuale dei consumatori giornalieri di bevande alcoliche è pari al 20,2% (dati Istat 2019), per la cocaina, dato più difficile da indagare per l’illegalità della sostanza, le stime indicano un consumo nell’ultimo anno da parte dell’1% circa della popolazione adulta (ISTAT-ISS 2019).

Il rapporto tra consumatori, non necessariamente patologici, di alcol e di cocaina dovrebbe essere quindi almeno di 20 a 1.

È ragionevole considerare che chi usa cocaina si ponga, più frequentemente di chi usa alcol, il problema di una dipendenza, probabilmente per motivi socioculturali e giuridici, riferibili alla maggiore accettabilità sociale dell’alcol, alla cultura collettiva degli alcolici, alla illegalità della cocaina. Né possiamo peraltro escludere che alcune persone abbiano compilato entrambe i questionari dato che l’associazione di alcol e cocaina è estremamente comune tra i consumatori di cocaina al punto che l’Osservatorio Europeo delle Droghe e delle Tossicodipendenze (OEDT) ha recentemente ipotizzato che almeno la metà delle persone dipendenti da cocaina soffra anche di dipendenza da alcol.

I risultati conclusivi al 21 settembre, consultabili al seguente link (https://istitutoeuropeodipendenze.it/interim-analysis-sul-consumo-di-alcol-e-cocaina/), hanno registrato che il 40,6% delle compilazioni per l’alcol ed il 45,1% per la cocaina non evidenzia la presenza di problematicità nell’uso (Basso rischio / Dipendenza assente).

Se questo è facilmente accettabile per l’alcol, dato il suo consumo diffuso e normalizzato nella nostra cultura sociale e sta probabilmente ad indicare una ricerca di rassicurazione sul proprio comportamento da parte dei compilatori, merita invece una riflessione la presunta non problematicità riferita dai consumatori di cocaina.

Ovviamente si tratta di una fotografia statica della situazione “fino ad ora” e questo non implica nessuna previsione su futuri cambiamenti ed evoluzioni. Tuttavia è interessante notare come, in un momento dato, l’uso di sostanze psicotrope quali l’alcol e la cocaina, indipendentemente dalla loro liceità, svolga una funzione “ricreativa” senza necessariamente rappresentare ancora un problema clinico.

Ne conseguono due considerazioni: la prima mette in evidenza che esistono subculture che normalizzano specifici comportamenti non accettabili dalla cultura ufficiale e che possono aiutare a svolgere un effetto di contenimento del rischio percepito; la seconda enfatizza la necessità di interventi educativi e preventivi proprio per evitare che il “gioco pericoloso”, con sostanze capaci di indurre dipendenza, in modo prepotente, degeneri in addiction.

Si tratta quindi di aprire scenari che non sono esclusivamente di intervento clinico, ma di sviluppo della persona nel senso sia di una maggiore consapevolezza dei rischi, sia di una maggiore capacità di progettazione di sé.

Al polo opposto notiamo come, pur nella diversità della dimensione assoluta, sia risultata, per l’alcol come per la cocaina, una percentuale simile di positività per un uso problematico di sostanza (Probabile dipendenza / Dipendenza grave) pari rispettivamente al 14,6% per l’alcol ed al 12,1% per la cocaina. Siamo in un’area che richiede necessariamente l’intervento clinico per aiutare le persone a gestire gli effetti dell’uso di sostanze e per affrontare una condizione di addiction.

Il numero assoluto complessivo (528+225) di 753 situazioni problematiche su 5.491 indica una elevata diffusione della domanda di cura. Non abbiamo dati sul fatto che i compilatori fossero già in cura o meno. Rimane però il fatto che il numero è rilevante e considerando che il “sommerso”, cioè i casi clinici che non sono in cura, è notevole sia per alcol che per cocaina, si pone la questione dello sviluppo dell’offerta terapeutica.

L’accesso di oltre 5.000 persone alla piattaforma digitale di IEUD per la compilazione dei questionari indica che esiste una domanda di servizi di cura che si aspetta una maggiore e diversa accessibilità, così come risposte maggiormente flessibili e personalizzate, disponibili anche online.

L’area intermedia della problematicità (rischio medio/dipendenza lieve e rischio alto/dipendenza moderata) costituisce un ulteriore 42-44% circa delle risposte ai questionari. Questa è l’area più difficile da intercettare, perché il problema è già sufficientemente radicato da rendere poco incisivi gli interventi di educazione sanitaria e di prevenzione (sempre utili, ovviamente, ma in questi casi trovano soggetti già “agganciati” dalle sostanze e in posizione difensiva e resistente), ma non ancora così problematico da sostenere la motivazione personale ad un intervento di cura.

In questi casi, in cui l’aggancio della persona è più complesso, vanno utilizzati interventi diversificati, sia cercando una maggiore alleanza interpersonale, sia offrendo strumenti cognitivi efficaci per la gestione degli aspetti problematici.

Forti dell’elevata partecipazione ai questionari registrata anche in questi primi giorni di settembre, come IEUD abbiamo deciso di dare piena continuità all’iniziativa con l’impegno di comunicarne i risultati in progress

Per informazioni: 

https://istitutoeuropeodipendenze.it/

 

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