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Domenica 28 luglio si è celebrata, come ogni anno, la Giornata Mondiale delle Epatiti. E per l’occasione la campagna “Epatite C.Mettiamoci un punto”, inaugurata a giugno a Milano nel corso del Congresso EASL (European Association for the Study of the Liver) con il Tram della sensibilizzazione, è approdata a Roma, sugli schermi delle stazioni Termini e Tiburtina, per portare l’informazione sulla patologia tra la gente. In più, affidata agli influencer Diego Passoni e Luca Trapanese, è approdata sui social. A disposizione del pubblico c’è anche un sito (EpatiteCMettiamociunPunto.it) con informazioni e storie di persone che sono guarite dall’epatite C.
L’iniziativa ha preso le mosse dalla constatazione che su questa malattia serve più informazione: solo una persona su 10, infatti, sa che l’epatite C può rimanere silente per anni. E proprio questa poca conoscenza rende difficile l’emersione dei casi ancora non individuati, mettendo così a rischio la salute di migliaia di italiani che hanno l’infezione senza saperlo, e che invece potrebbero essere curati.
Tutti i numeri delle epatiti
Quasi un italiano su 3 (il 32,1%) afferma di sapere poco o niente delle epatiti. Tra coloro che dichiarano di conoscere almeno qualcosa sulle epatiti, oltre uno su due non sa esattamente come ci si può ammalare (il 57,3%), sei su 10 non conoscono i vari tipi di epatite né gli effetti sulla salute o le condizioni di vita di un paziente; solo sette su 10 sanno che i virus possono essere causa delle epatiti (il 58,7% indica i batteri, il 41,5% i parassiti). Meno di tre su 10, infine, sono informati sulle possibilità di trattamento e cura. Il quadro, non certo all’insegna della consapevolezza sulla malattia, emerge dall’indagine demoscopica “Italiani ed epatiti” condotta da Astra Ricerche per Gilead Sciences su un campione di 1.000 italiani.
Per questo la campagna “Epatite C. Mettiamoci un punto” - promossa da Gilead Sciences con il patrocinio di sette Associazioni pazienti - Anlaids Sezione Lombarda ETS, Anlaids Onlus, EpaC - ETS, Associazione Milano Check Point, Cooperativa Sociale Open Group Bologna, Plus Roma, Fondazione Villa Maraini – CRI, di 3 Società Scientifiche - AISF (Associazione Italiana Studio del Fegato), SIMG (Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie), SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali) e della Città Metropolitana di Milano - è stata progettata per accendere i riflettori su un problema di salute pubblica riguardante migliaia di persone che convivono con il virus HCV, responsabile dell’epatite C, senza saperlo; la malattia può infatti rimanere silente per molti anni. E il progetto generale è ancora più ambizioso: contribuire al raggiungimento degli obiettivi OMS 2030 di eradicazione delle epatiti. In particolare, a partire dal 2015: ridurre del 90% le nuove infezioni di epatite B e C; ridurre del 65% i decessi correlati all’epatite per cirrosi epatica e cancro; garantire che almeno il 90% delle persone con virus dell’Epatite B e C venga diagnosticato; e che almeno l’80% degli eleggibili al trattamento, lo riceva.
Sebbene il livello generale di conoscenza evidenziato dall’indagine sia piuttosto basso, sembra chiaro agli intervistati (coloro che affermano di conoscere almeno qualcosa delle epatiti) che si tratta di infezioni potenzialmente gravi: per 8 su 10 (79,4%) possono avere come conseguenza l’insufficienza epatica, per il 72,2% la cirrosi, per il 69,1% la morte prematura, e per il 67,5% il tumore al fegato. Accanto a questa conoscenza persiste però una falsa credenza: per sette Italiani su 10 le epatiti danno sintomi visibili; solo poco più di uno su 10 sa che l’epatite C può essere silente.
“L’infezione da HCV può rimanere silente anche per molti anni, danneggiando progressivamente le funzionalità del fegato senza che se ne abbia consapevolezza. Diffondere una corretta informazione è parte integrante del piano per il raggiungimento degli obiettivi OMS 2030, tra i quali si inserisce l’eradicazione dell’epatite C, patologia oggi curabile per la quale c’è ancora un’importante quota di sommerso - sottolinea Stefano Fagiuoli, Direttore Unità Complessa di Gastroenterologia, Epatologia e Trapiantologia ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo; Gastroenterologia, Dipartimento di Medicina Università Milano Bicocca - Aumentare la consapevolezza sulle modalità di trasmissione dei virus è una strategia di successo per favorire l’accesso ai test di screening e promuovere un percorso di diagnosi e trattamento più precoci. Un risparmio in termini sanitari ed economici, con evidenti ricadute sulla salute”. Con l’obiettivo di far emergere il “sommerso”, in Italia è attivo un programma nazionale di screening gratuito dell’epatite C per i nati tra il 1969 e il 1989 e per alcune categorie di persone considerate “a rischio”.
“Informazione, consapevolezza e azione – ribadisce Roberta D'Ambrosio, Specialista in Gastroenterologia ed Epatologa presso la Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano - sono le parole chiave per una strategia di successo di eradicazione delle epatiti. Mettere un punto alle epatiti e fermare il contagio è un obiettivo comune, che riguarda tutti. Per questo è importante conoscere le modalità di trasmissione delle epatiti, essere consapevoli dell’importanza di fare il test anche in assenza di sintomi o di comportamenti definiti “a rischio”. Basti pensare che l'esposizione a procedure medico-chirurgiche prima degli anni Novanta – quando il virus ancora non era stato scoperto - rappresenta il più importante fattore di rischio per l'infezione da HCV”.

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