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Protagonista indiscusso di questo numero della rivista è un organo tanto misterioso quanto affascinante: il nostro cervello. Per salvaguardarlo è necessario condurre uno stile di vita sano: non fumare, avere una corretta alimentazione, fare movimento, tenere sotto controllo pressione sanguigna, glicemia e colesterolo. Tutte strategie di prevenzione che possono essere declinate per tante condizioni patologiche e rappresentano l’unica arma efficace a nostra disposizione e che possiamo mettere in atto anche da soli.
Un tempo si pensava che il processo di formazione di nuovi neuroni, chiamato neurogenesi, si arrestasse attorno ai vent’anni. Ora sappiamo che non è così. Che questo processo continua per tutta la vita, anche se, non tutti, all’interno della comunità scientifica ne sono convinti. Quel che è certo è che la plasticità cerebrale ovvero la capacità del cervello di rimodellarsi e cambiare la sua struttura neuronale in risposta a stimoli esterni ci accompagna tutta la vita. Da questo punto di vista, sono noti i sorprendenti effetti delle attività di tipo cognitivo in grado di stimolare la continua creazione di nuove connessioni cerebrali determinano quella che viene definita la cosiddetta “riserva cognitiva” in grado di contrastare gli effetti dei danni ad alcuni circuiti cerebrali.

Attività come imparare una nuova lingua, suonare uno strumento musicale, leggere libri o semplicemente partecipare ad attività ricreative che implichino l’interazione con altri individui possono rappresentare valide strategie atte a contrastare il declino cognitivo. Da non dimenticare poi gli effetti dell’attività fisica. Numerosi studi clinici hanno dimostrato come questa sia in grado di migliorare le prestazioni cognitive e di contrastare il declino cognitivo sia in soggetti sani che in soggetti con demenza.

Sempre rimanendo in un contesto “cerebrale”, l’articolo di Laura Tassi ci accompagna a scoprire una condizione patologica estremamente invalidante: l’epilessia, una malattia che si manifesta con delle modificazioni del comportamento riconducibili a un’eccessiva attività elettrica dei neuroni cerebrali.

Questo numero della rivista ospita inoltre un articolo sulla sclerosi multipla. La malattia viene però esplorata da un punto di vista privilegiato: quello di un giovane paziente, Mauro Ferrara, al quale vanno riconosciute una grande determinazione e forza di volontà che gli hanno permesso, con il supporto di chi lo assiste, di scrivere un libro sulla sua condizione. Un volume che è soprattutto un inno alla vita, al potere delle parole e un invito a non arrendersi di fronte alle avversità apprezzando, nel contempo, le piccole cose che la vita ci regala. Penso che il messaggio più importante che possiamo trarre dalla storia di Mauro sia che una vita è sempre una vita pur in condizioni avverse.

A sottolineare l’importanza del lato umano del paziente è il testo di Antonella Serafini sul ruolo della medicina narrativa quale potenziale strumento per entrare in empatia con il paziente e con il suo vissuto fino al punto da lasciare che sia lui stesso a raccontarsi. Questo approccio è nato circa 30 anni fa con l’obiettivo di introdurre nella pratica clinica l’uso della narrazione quale strumento attraverso il quale il medico potesse raccogliere le informazioni sulla malattia raccontate direttamente dal paziente. In altre parole possiamo dire che la medicina narrativa si basa sul tentativo di coniugare il sapere scientifico e l’intelligenza emotiva intesa, quest’ultima, come la capacità di entrare davvero in empatia con chi ci sta intorno.

A cavallo fra primavera ed estate proponiamo un articolo sulle allergie respiratorie a firma di Claudio Micheletto. Sono infatti diversi milioni gli italiani che soffrono di allergia e che, a contatto con i pollini iniziano a starnutire, ad aver un’abbondante lacrimazione o ad andare incontro a crisi asmatiche. In particolare, nei mesi primaverili, questi soggetti sono messi a dura prova anche a causa dell’aumento dei livelli di pollini nell’aria. La stagione pollinica è inoltre influenzata in termini di durata e intensità dai profondi cambiamenti climatici in atto. Anche questo numero della rivista dedica uno spazio alla cultura e, in un certo senso, alla leggerezza che, come scrisse Italo Calvino “non è superficialità ma è planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”. Con il suo articolo, Antonio Schiavulli ci racconta la storia di Nino Taranto e della fondazione che porta il suo nome, nata per mantenere viva la memoria di un artista e poterla diffondere presso le nuove generazioni. Buona lettura.

Chiara Finotti

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