Nei quartieri interessati dalle attività industriali la mortalità è più elevata. Il caso di Taranto (con lo stabilimento siderurgico dell’Ilva) è sotto gli occhi di tutti da molto tempo, ma ora c’è uno studio scientifico che Io dimostra con dati e grafici. Analizzando i quartieri di Taranto dal 2001 al 2020, emerge che nei quartieri vicini all’Ilva c’è un significativo incremento di mortalità. A realizzare la ricerca sono stati la Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima), il Comune di Taranto e l’Università di Bari “Aldo Moro”: lo studio – già pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale “Environmental Research” – è stata presentato oggi a Taranto alla presenza del Sindaco Rinaldo Melucci, del Presidente Anci Antonio Decaro e dell’Assessore all’Ambiente della Regione Puglia Anna Grazia Maraschio.
“Nelle città che soffrono particolari situazioni d’inquinamento o pressione ambientale – esordisce Alessandro Miani, Presidente Sima – è utile e necessario disporre di indicatori affidabili che possano descrivere lo stato di salute complessivo della popolazione residente. Tra questi, i dati di mortalità delle anagrafi comunali rappresentano un indice complessivo che consente ai Sindaci, massime autorità sanitarie locali, di essere informati in tempo reale se sul proprio territorio esistono aree di criticità”.
“La metodologia utilizzata per Taranto nel nostro studio rappresenta un modello validato utilizzabile da Anci in qualsiasi città italiana grazie alle competenze già presenti sui territori o comunque rese disponibili da Sima e dai partner universitari. Anche i Comuni possono fare epidemiologia a livello locale per identificare eventuali disuguaglianze di salute nel raggio di pochi chilometri o tra diversi quartieri, ma soprattutto per comprenderne le cause e intervenire con tempestività per rimuovere i possibili fattori di rischio o determinanti ambientali”.
I TANTI MORTI DEI TRE QUARTIERI NORD
È Stefano Cervellera, dirigente dell’ufficio statistiche demografiche del Comune di Taranto, a spiegare i risultati della ricerca: “Complessivamente nei 3 quartieri Nord della Città (Tamburi, Paolo Vi e Città Vecchia-Borgo), i più vicini all’area industriale, abbiamo rilevato un eccesso statisticamente significativo di 1.020 morti (uomini e donne) tra il 2001 e il 2020 rispetto ai dati di riferimento regionale, con un picco del 68% di eccesso di mortalità rilevato nel sesso maschile tra i residenti del quartiere Paolo VI nel 2019”.
Precisa Prisco Piscitelli, epidemiologo e vicepresidente Sima: “Lo studio ha analizzato per la prima volta tutti i 6 quartieri in cui è suddivisa la città di Taranto (Tamburi-Lido Azzuro, Paolo VI, Città Vecchia-Borgo, Tre Carrare-Solito, Montegranaro-Salinella e Talsano-Lama-San Vito) e mostra come lungo l’intero ventennio analizzato i quartieri Nord presentano un costante eccesso di mortalità in entrambi i sessi rispetto agli altri quartieri. L’aumento di mortalità rispetto ai dati regionali interessava inizialmente solo l’area di Tamburi e si è poi allargato agli altri due quartieri, generando una disuguaglianza di salute inaccettabile rispetto alle zone a Sud della città”.
L’IMPORTANZA DEI DATI EPIDEMIOLOGICI IN TEMPO REALE
Ma le implicazioni della ricerca sono più ampie, come spiega il dottor Valerio Gennaro, medico epidemiologo, già direttore del registro mesoteliomi della Regione Liguria presso l’IRCCS Ospedale San Martino di Genova, membro della Commissione Ambiente dell’Ordine dei Medici di Genova, e primo autore dello studio: “Se si vuole individuare e contrastare alla fonte i fattori di rischio evitabili per la salute umana, tra cui spiccano senz’altro quelli ambientali, oltre che socio-economici, c’è bisogno di informazioni basate su evidenze scientifiche. Il nostro studio dimostra ancora una volta che i dati utili a fini sanitari sono disponibili, informatizzati perché già presenti nel sistema della sanità ma anche nelle anagrafi comunali. La Legge n. 29, approvata all’unanimità nel 2019, consente e stimola l’implementazione del cosiddetto ‘Referto Epidemiologico’, ovvero l’utilizzo a fini epidemiologici dei dati già disponibili a livello locale per consentire interventi immediati, puntuali ed efficaci. Con poche risorse e determinazione è possibile analizzare i dati territoriali in tempo reale, ritornando ai fondamenti empirici, ma anche scientifici dell’epidemiologia, come accade per le fontane pubbliche contaminate dal vibrione del colera identificate in alcuni quartieri di Londra da John Snow, fino ad arrivare agli insegnamenti di Marmot per il bene comune e la promozione della salute pubblica. Quel che si chiede all’epidemiologia è di fornire informazioni rapide e utili a migliorare la salute pubblica”.
“Oggi siamo orgogliosi ed emozionati perché una aperta collaborazione scientifica e statistica tra il Comune di Taranto, la Società Italiana di Medicina Ambientale e altri autorevoli interlocutori istituzionali e accademici ha di fatto consentito un aggiornamento dei dati di mortalità disponibili a tutto il 2020 e la pubblicazione e diffusione su di una piattaforma internazionale assai importante come Elsevier”, conclude Rinaldo Melucci, sindaco di Taranto. “Questo lavoro impegnativo, del quale desidero ringraziare tutti gli autori, ha soprattutto certificato che la pressione sulla salute dei cittadini ionici, specie nei tre quartieri più a nord e più vicini alla zona industriale, sia una realtà e non una teoria politica tutta da dimostrare o da alterare, a seconda degli interessi privati o di quelli del sistema Paese in ballo. La relazione tra questi dati e il piano dello stabilimento siderurgico di Taranto non potrà che orientare le prossime scelte del Governo italiano e la maniera con la quale utilizzeremo gli ingenti investimenti europei, a cominciare da quelli contenuti nel PNRR. Nei giorni in cui si prepara la XXVI convenzione quadro sui cambiamenti climatici e proprio le Nazioni Unite riconoscono ufficialmente che vivere in un ambiente sano è un diritto fondamentale dell’uomo, il laboratorio Taranto è il luogo dove l’Italia può dimostrare davvero le proprie intenzioni e tracciare la rotta per lo sviluppo sostenibile e la qualità della vita delle persone. E con questo studio è finalmente palese che si tratta di una questione di utilità oltre che di morale”.
Fonte: www.dire.it