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Nell'Italia dei peggiori dati europei sulla natalità (Andorra - per quanto significativa possa essere - a parte), aumenta il numero di bambini che vedono la luce grazie alla procreazione assistita. A testimoniarlo è uno studio condotto nel Bel Paese su 6.600 coppie genitoriali dal gruppo Genera, che sul suo sito internet si definisce “il principale gruppo italiano specializzato nella diagnosi e cura dell’infertilità. Con sede in sette centri specializzati in varie città italiane, il gruppo offre oltre 3.000 trattamenti ogni anno e vanta una vasta esperienza nella medicina e biologia della riproduzione”.
La ricerca, presentata ad Amsterdam nei giorni scorsi nel corso del 40° Congresso annuale di ESHRE (European Society of Human Reproduction and Embryology), illustra la crescita esponenziale delle nuove nascite da Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) fornendone anche qualche possibile spiegazione: i fattori del successo sarebbero, nell’ordine, le terapie ormonali personalizzate; la coltura a blastocisti (cioè l’impianto in utero di embrioni prodotti in laboratorio e giunti a un livello di sviluppo compreso tra il 5° e il 7° giorno; il congelamento degli embrioni prima dell’impianto, guadagnando tempo per ottenere le condizioni ottimali dell’utero; un test genetico pre-impianto sugli embrioni, e l’affiancamento psicologico all’aspirante coppia genitoriale, che viene seguita in modo da non scoraggiarsi visto che i tentativi di impianto necessari sono spesso tre o più di tre.
Dall’entrata in vigore della legge 40/2004 sulla procreazione assistita, i bambini nati grazie all’applicazione di queste metodiche sono 217.000, e l’Istituto Superiore di Sanità conferma che oggi in Italia il 4% delle nascite avviene a seguito di procedure di questo tipo.
Lo studio ha osservato 6.600 coppie sottoposte a PMA nel centro Genera di Roma, divise in 11 gruppi in base all'anno del loro primo trattamento (dal 2010 al 2020) e considerati fattori come la nascita di un bambino entro 3 anni, l’eventualità di aborto spontaneo e di parto gemellare e la presenza di parti singoli di più di 2 bambini entro 6 anni.
La stimolazione ormonale è avvenuta con modalità diverse, è stata sempre praticata la Icsi (Inseminazione Intracitoplasmatica, che prevede l’inserimento di un solo spermatozoo nell’ovocita) su ovociti freschi, ma con coltura sia secondo-terzo giorno di sviluppo sia a blastocisti (vedi sopra, a 5-7 giorni), con trasferimento a fresco o con freeze-all di embrioni non testati o testati e risultati cromosomicamente sani, e con trasferimenti di embrioni singoli o multipli.
I risultati? Affinando le strategie nel corso del tempo la percentuale di successi è cresciuta con regolarità, tanto che il numero dei bambini effettivamente venuti alla luce a tre anni dal primo trattamento era del 32% nel 2010, ed è salito al 42% nel 2020, facendo addirittura registrare numeri tra il 70 e l’80% in caso si madri al di sotto dei 38 anni. Nello stesso periodo il numero di aborti spontanei si è ridotto del 50% (dal 12% a sotto il 6%), mentre i parti gemellari sono passati dal 7,5 allo 0,5 %.

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