Stanchezza, frequenti mal di testa, fiato corto, colorito pallido, capelli e unghie fragili, ma anche irritabilità, scarsa concentrazione, maggiore esposizione alle infezioni: tutte condizioni apparentemente slegate tra loro ma che invece possono avere una causa comune. Si tratta della carenza di ferro, un problema di notevole rilevanza per l’impatto epidemiologico e sociale – colpisce un terzo della popolazione mondiale, in particolar modo le donne in età fertile e i bambini sotto i 5 anni – eppure ancora ampiamente trascurato e sotto diagnosticato, in gran parte proprio per la difficoltà a riconoscerne i sintomi.
La Giornata della Carenza di Ferro (Iron Deficiency Day), che si celebra ogni anno il 26 novembre, è l’occasione per accendere i riflettori su questa condizione e sensibilizzare sia la popolazione, sia gli operatori sanitari, sull’importanza di riconoscere tempestivamente i campanelli d’allarme e sui benefici associati ad una appropriata terapia marziale.
La carenza di ferro è l’unica carenza nutrizionale ancora diffusa nei Paesi sviluppati. In Europa interessa oltre il 30% della popolazione femminile in età fertile, fino al 77% delle donne in gravidanza e al 48% dei bambini. Anche chi soffre di patologie croniche infiammatorie è particolarmente a rischio: nei pazienti con scompenso cardiaco la carenza marziale ha una prevalenza del 50% circa, in quelli con malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD) dal 13% al 90% e nei pazienti con nefropatia cronica dal 24% al 85%.
Senza sufficiente ferro a disposizione, il corpo umano non può funzionare correttamente. Il ferro è infatti essenziale per la produzione di globuli rossi e per assicurare che il cuore e i muscoli scheletrici possano funzionare efficacemente. Quando il livello di ferro disponibile all’emopoiesi è eccessivamente basso si può andare incontro ad anemia, patologia che inficia la capacità dell’organismo di generare l’emoglobina necessaria per la produzione di globuli rossi sani. Il ferro, inoltre, svolge un ruolo fondamentale nel combattere le infezioni e le malattie, mantenendo i livelli di energia e la normale funzione cerebrale.
“Quando le riserve di ferro nell’organismo diventano scarse, l’impatto sulla salute e la qualità di vita è notevole perché ne risentono il metabolismo, il benessere psico-fisico, il desiderio sessuale, la produttività”, afferma la Dott.ssa Elisa Nescis, Ematologa presso l’Ospedale Cardinale Panico di Tricase, Lecce. “Nei bambini – prosegue – la carenza può indurre disturbi della performance cognitiva, motoria e del comportamento. Particolarmente delicato e quindi non trascurabile, è il periodo della gestazione poiché l’aumentato fabbisogno di ferro per lo sviluppo del feto e della placenta può indurre uno stato anemico nella gestante, vera e propria patologia derivante da un deficit importante e prolungato, che a sua volta aumenta il rischio di parto prematuro e di basso peso del bambino alla nascita”.
La carenza di ferro può insorgere a tutte le età, anche se il rischio aumenta in particolare momenti della vita. Oltre all’aumentato fabbisogno fisiologico dovuto alla crescita (gravidanza, infanzia e adolescenza), la carenza di ferro può essere causata, nelle donne, da perdite eccessive di sangue associate, ad esempio, a cicli mestruali abbondanti, o da patologie come l’insufficienza renale cronica, lo scompenso cardiaco e le malattie croniche intestinali. In questi pazienti, inoltre, l’assunzione di alcuni farmaci e l’infiammazione sottostante, che può ridurre la quantità di ferro assorbita dall’intestino, possono determinare riduzione delle riserve marziali e aumento del rischio di morbilità e mortalità. Incide, infine, un apporto nutrizionale non adeguato, derivante dallo scarso consumo di alimenti ricchi in ferro e dalla scelta di diete restrittive.
“C’è ancora una scarsa consapevolezza del problema e un grande bisogno di informazione sui possibili gravi rischi per la salute causati dalla carenza di ferro. Per questo motivo, è importante sensibilizzare la classe medica e l’opinione pubblica a riconoscere i sintomi, il primo passo per una diagnosi corretta e l’impostazione di una cura appropriata”, dichiara il Prof. Maurizio Volterrani, Primario di Cardiologia presso l’Ospedale IRCCS San Raffaele Pisana, Roma. “Intervenire tempestivamente per correggere la carenza rappresenta un obiettivo fondamentale, anche alla luce delle diverse strategie terapeutiche che consentono di far fronte al problema: dalla modifica della dieta, all’assunzione di preparati a base di ferro per via orale, alla somministrazione di terapie iniettive quando i farmaci orali sono mal tollerati. I benefici di un trattamento adeguato si sono riscontrati anche nei pazienti nefropatici e con scompenso cardiaco”, conclude.
La diagnosi di carenza di ferro viene effettuata mediante un esame del sangue per la misura dei livelli di emoglobina, la ferritina sierica (che riflette la quantità di riserve di ferro presenti nell’organismo) e la saturazione della transferrina (che indica quanto del ferro disponibile può essere utilizzato per produrre nuovi globuli rossi).
Fonte: Ufficio Stampa Value Relations