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Il deficit di alfa1-antitripsina (AATD) è un disordine autosomico co-dominante, che aumenta il rischio di sviluppare alcune patologie tra le quali, di maggior rilievo sociale, quella polmonare (broncopneumopatia cronico ostruttiva, enfisema) e quella epatica (cirrosi, carcinoma epatico).

In linea generale, i soggetti con concentrazioni di AAT < 0,5 g/L vengono definiti come affetti da carenza severa di AAT e, in genere, sono rispettivamente omozigoti o eterozigoti composti da uno o due alleli patologici Soggetti con concentrazioni superiori, ma che non superano il limite inferiore di riferimento (1 g/L), sono definiti come affetti da carenza intermedia di AAT e sono in genere eterozigoti per un allele patologico

Sia la forma severa dell’AATD, riconosciuta come malattia rara con l’esenzione RC0200, che la forma intermedia, sono considerate altamente sotto-diagnosticate. Si stima che in Europa l’intervallo tra la comparsa dei primi sintomi respiratori e la diagnosi di AATD sia di 6-8 anni. In Italia, i dati più recenti, indicano un ritardo diagnostico di 5 anni nei casi di AATD severo e di oltre 10 anni nei pazienti con AATD intermedio.

Tra le varie cause che rendono questa patologia sotto-diagnosticata, la principale è senza dubbio la sua classificazione come BPCO che, confondendosi per ciò che attiene il fenotipo clinico nella grande maggioranza di soggetti BPCO con livelli normali di AAT, ritarda la diagnosi di AATD.

Il parametro più importante per la dimostrazione della presenza di AATD, ed in particolare della presenza del rischio di un danno polmonare, è la misurazione delle concentrazioni plasmatiche della proteina, che può essere effettuato in qualsiasi laboratorio di analisi ma, attenzione: è solo l’inizio! Una diagnosi completa di AATD deve necessariamente essere il risultato dell’integrazione di conoscenze biochimiche, genetiche e cliniche specifiche per questa malattia che non sono comuni nei laboratori generalisti. Ci si deve quindi affidare ad un Laboratorio dedicato a questa condizione. Diagnosi parziali (ma non facilmente identificabili come tali) sono spesso fuorvianti sia per i clinici che per i pazienti.

Infatti, la caratterizzazione accurata degli alleli deficitari di cui i pazienti AATD sono portatori (esame qualitativo) può facilitare la valutazione del rischio di patologia epatica e la prognosi del quadro polmonare.  Tra gli alleli deficitari più comuni che causano una carenza congenita di AAT, le varianti alleliche S e Z sono le più diffuse nelle popolazioni di origine caucasoide, anche se esistono e altre mutazioni più rare, che possono comportare lo sviluppo di quadri clinici patologici simili, o in alcuni casi anche più gravi, rispetto alle varianti deficitarie più comuni. In Italia la frequenza di mutazioni patologiche rare è molto elevata; mediamente le varianti rare comprendono il 2-4% dei casi AATD nei Registri Europei, il Registro Italiano ne conta ben il 20%. Di conseguenza, un approccio diagnostico valido e completo non deve omettere la valutazione di mutazioni patologiche rare, diverse dalle più comuni S e Z.

A partire dal 1996, in Italia è stato istituito il Programma Nazionale per lo screening di AATD severo, per il quale il Centro per la Diagnosi e il Coordinamento del Registro del Deficit di AAT di Pavia (IRCCS Policlinico San Matteo, e Università degli Studi di Pavia) è dal 2003 Centro di Riferimento sul territorio nazionale, e dal 2017 Centro di Riferimento per l’Europa occidentale per European Reference Network delle le malattie rare polmonari (ERN-LUNG).

Poche gocce di sangue sono sufficienti per eseguire tutti i test biochimici e genetici necessari per una diagnosi completa ed accurata di un eventuale Deficit di Alfa1-antitripsina! Per saperne di più: www.alfa1antitripsina.it.

 

Ilaria Ferrarotti

Pneumologia

Ospedale San Matteo, Pavia

 

 

 

 

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