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Un invito a non piangersi addosso, a non sprofondare nel lamento sopraffatti dalle avversità. E’ la storia di Mauro Ferrara raccontata nel volume “Essere un uomo non vuol dire soltanto fare la pipì in piedi”. E’ la storia di un ragazzo che a 27 anni scopre di avere la sclerosi multipla.

E’ certamente una storia di speranza e di coraggio, un invito ad apprezzare le piccole cose che spesso diamo per scontate. Ciò che mi ha colpita del libro è che è anche un inno alle parole. Spesso infatti ci dimentichiamo di quanto siano importanti. E invece ciò che siamo in grado di comunicare, i termini che usiamo per descrivere emozioni e situazioni sono parte integrante della nostra esistenza e hanno un grande potere.

Una parola può ferire, rendere felici, commuovere, cambiare il corso di una situazione. “Non posso muovermi, non posso parlare, sono quasi del tutto sordo e cieco, eppure possiedo come voi, il potere della parola”.

Il protagonista di questa storia parla infatti delle parole come delle uniche cose che gli siano rimaste per sentirsi ancora un uomo. A un certo punto si legge “Sono la possibile risposta che mi viene in mente alla domanda cosa fa di un uomo, un uomo?”.

Si può pensare a Mauro come a un ragazzo che parla con la voce degli altri. Funziona più o meno così: chi gli sta accanto recita l’alfabeto, quando arriva la lettera giusta Mauro sbatte la palpebra sinistra, l’unica che riesce ancora a muovere e quella lettera diventa la prima, la seconda, la terza e così via, della frase.

Mauro ha tante cose da dire e, grazie al supporto di chi costantemente lo assiste e lo ha accompagnato in questo importante progetto, è riuscito a raccogliere i suoi pensieri nel volume di cui sopra.
Adesso penserete a un libro triste che racconta una storia straziante che non vorremmo mai sentire e di cui non vorremmo essere testimoni nemmeno in veste di lontani lettori. E invece la storia di Mauro è raccontata con uno sguardo positivo, a tratti ironico, che cerca di puntare i riflettori sull’umanità del protagonista. Un’umanità che non è stata scalfita dalla malattia.

Nel corso della narrazione Mauro accompagna il lettore lungo i sentieri della sua vicenda e lo invita a una riflessione sulla vita. Sui punti di arrivo e sugli obiettivi che ciascuno può e deve porsi per essere felice. Da questo punto di vista il libro non si limita a raccontare la storia di Mauro ma ha uno sguardo più ampio sulla vita in generale.

A 27 anni Mauro comincia ad avere problemi alla vista e all’equilibrio. Sono i primi sintomi di quella condizione che più tardi verrà riconosciuta come sclerosi multipla che, in un certo punto del libro, viene paragonata a un “mare di fango pieno di coccodrilli”. Ora Mauro ha 44 anni e da 11 vive a Ferentino in una struttura chiamata “Piccolo rifugio” che si occupa della cura di persone con differenti tipi di disabilità. E’ arrivato al centro su una sedia rotelle ma riusciva ancora a reggersi in piedi per brevi intervalli di tempo appoggiandosi a dei supporti. Ora non è più così.
Mauro descrive la sua nuova casa come un ambiente amichevole in cui ha trovato nuovi amici che gli vogliono bene e che si prendono cura di lui.

Nelle sue giornate non mancano certo la rabbia e la paura. La nostalgia per le tante cose che non può più fare e la rabbia di sentirsi non compresi: “e quando sei nel baratro del “peggio di così” non ti resta che il coraggio della felicità”.

E da qui l’invito, che più volte trapela fra le pagine del libro, a non arrendersi mai, a non abbattersi di fronte alla malattia. Una patologia che, ad oggi, non si può sconfiggere. Si può solo rallentarne il decorso che, nel caso di Mauro, è stato tutt’altro che lento. 

Non manca la nostalgia per le cose che Mauro poteva fare e ora invece sono solo un lontano ricordo. Cose semplici come ballare, giocare a calcetto, stringere una mano. Può ancora però “ascoltare musica leggera, guardare i quiz in TV, farsi leggere i libri e fingere di ballare muovendo la testa”.

Penso che il messaggio più importante che possiamo trarre dalla storia di Mauro sia che una vita è sempre una vita pur in condizioni avverse.

E’ Mauro stesso a sottolinearlo: “Se posso immaginare e (anche se faticosamente) comunicare, resto un uomo (molto spesso, felice)”.

Per maggiori informazioni:
https://www.gemmaedizioni.it/prodotto/essere-uomo-non-vuol-dire-soltanto-fare-la-pipi-in-piedi/

Chiara Finotti

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