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Studiare le mutazioni genetiche alla base del cancro è fondamentale per comprenderne la biologia e per sviluppare trattamenti sempre più mirati, che colpiscano i meccanismi alla base della trasformazione. Perché sono le mutazioni del dna che avvengono nelle cellule a trasformarle rendendole cancerose. È soprattutto per questo che un team internazionale di ricercatori ha analizzato e sequenziato il genoma di tanti tipi di tumori, mettendo a punto quella che definiscono come la mappa genetica più grande mai realizzata delle mutazioni del cancro.

L’annuncio arriva dalle pagine di Nature, dove sono stati pubblicati una serie di articoli intorno al colossale progetto che ha permesso di arrivare al risultato, il Pan-Cancer Project (per esteso, The Pan-Cancer Analysis of Whole Genomes Project). L’analisi ha riguardato in totale quasi 2700 campioni di tessuto tumorali, confrontati sotto il profilo genetico con i tessuti normali. Trentotto i tumori analizzati. Si tratta di una mole enorme di dati e di analisi che hanno coinvolto più di mille scienziati in 37 paesi.

Tra i principali risultati, riassumono dalle diverse istituzioni coinvolte, alcuni sono sì noti, altri sono particolarmente degni di nota. Così per esempio, identificando come drivers le mutazioni che guidano la trasformazione tumorale e come passengers quelle minori e praticamente ininfluenti, i ricercatori mostrano come in media ci siano 4-5 mutazioni drivers alla base dei tumori. “Questo è consistente con le teorie secondo cui i tumori per svilupparsi hanno bisogno di cambiare un certo numero di meccanismi nella cellula prima di trasformarsi”, ha commentato in proposito Jakob Skou Pedersen della Aarhus University, che ha preso parte agli studi.

Gli scienziati hanno inoltre sviluppato un metodo che permette di stimare l’origine temporale della mutazione associata al cancro, ovvero di stabilire quando è insorta. Un risultato che potrebbe – condizionale d’obbligo ad oggi, visto sì le promesse ma anche i limiti della ricerca di un test genetico per i tumori – di favorire la diagnosi precoce. E ancora: pur confermando come i tumori possano essere raggruppati in base alle loro caratteristiche genetiche, racchiudono e mostrano una complessità ed eterogeneità che rende ragione dei diversi outcome che si hanno su pazienti con malattie simili, ha spiegato Peter Campbell del Wellcome Sanger Institute, e parte del Pan-Cancer Project: “Abbiamo mostrato che il motivo di questo è scritto nel dna. Il genoma del tumore di ogni paziente è unico, ma ci sono un set finito di pattern ricorrenti, così che con studi abbastanza gradni possiamo identificare tutti questi pattern così da ottimizzare diagnosi e trattamento”.

L’analisi dei dna tumorali non ha riguardato solo le parti codificanti del genoma, quelle ovvero che contengono le istruzioni per la produzione delle proteine, ma tutto il genoma. Questo ha permesso di confermare che sì, alcune mutazioni cosiddette drivers possono trovarsi anche nelle regioni non codificanti – coinvolte per esempio nella regolazione dell’espressione di un gene – ma che questo tipo di mutazioni sono piuttosto rare, ha spiegato Federico Abascal del Wellcome Sanger Institute.

Mettere a punto una mappa genetica di 38 tipi di tumore potrebbe sì guidare lo sviluppo di nuovi trattamenti, tramite l’indentificazione dei processi regolati dalle mutazioni, ma anche magari, abbinata all’analisi degli outcome dei trattamenti nei pazienti, avere un ruolo predittivo nel capire l’efficacia delle terapie in relazione ai dna tumorali, scrivono Marcin Cieslik e Arul M. Chinnaiyan della University of Michigan, in un articolo sullo stesso numero di Nature che accompagna lo speciale.

Ma la mappa potrebbe avere una funzione anche in ottica di prevenzione. A spiegare come è Mike Stratton del Wellcome Sanger Institute, a capo di uno degli studi dello speciale su Nature: “Ricercatori di tutto il mondo saranno ora capaci di studiare quali sostanze o processi sono associati a queste caratteristiche mutazioni. Questo ci consentirà di comprendere meglio la genesi del cancro, di scoprire nuove cause di tumori, aiutando a sviluppare nuove strategie di prevenzione”.

Fonte: Wired.it

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