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In dieci anni, in Italia, i pazienti vivi dopo la diagnosi di tumore sono aumentati del 53 per cento. Erano due milioni e 250mila nel 2010, oggi sono 3 milioni e 460mila. Un risultato molto importante, che dimostra i passi in avanti realizzati nell'assistenza oncologica e che colloca il nostro paese ai vertici in Europa e nel mondo. Ma si tratta di un risultato migliorabile, perchè sono ancora troppe le differenze sul nostro territorio: dall'adesione e copertura degli screening ancora troppo basse al Sud, alla realizzazione delle reti oncologiche regionali a macchia di leopardo, alla disponibilità solo in alcune Regioni più virtuose di terapie efficaci e di test in grado di analizzare il profilo molecolare del tumore. E' concreto il rischio di pericolose discrepanze a danno dei pazienti. Per questo l'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) chiede, in occasione della Giornata mondiale contro il cancro che si celebra il 4 febbraio, che venga seguito l'esempio delle regioni più virtuose, a tutto vantaggio dei pazienti.

"Nel 2018 sono stati stimati, nel mondo, più di 18 milioni di nuovi casi di cancro, erano 12 milioni nel 2008", spiega Giordano Beretta, presidente nazionale dell'Aiom e responsabile dell'Oncologia Medica all'Humanitas Gavazzeni di Bergamo. "La patologia è in costante crescita nel mondo per la diffusione di stili di vita scorretti, a cui si aggiungono anche fattori ambientali. La qualità del nostro Sistema Sanitario - prosegue - è testimoniata dalla sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi, che presenta tassi più alti rispetto alla media europea nei tumori più frequenti: 86 per cento nella mammella (83 per cento UE), 64 per cento nel colon (60 per cento UE), 16 per cento polmone (15 per cento UE) e 90 per cento prostata (87 per cento UE). E raggiungiamo questi risultati con minori investimenti: la spesa sanitaria pubblica in rapporto al Pil nel nostro Paese ha registrato un calo, passando dal 7 per cento nel 2010 al 6,5 per cento nel 2017, a fronte del 9,8 per cento della media europea. Vi sono, però, ancora differenze regionali che devono essere superate, perché nessuno rimanga indietro e tutti possano accedere alle cure più efficaci indipendentemente dal luogo in cui vivono".

Fonte: Repubblica.it

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