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Marco, 29 anni, la sua compagna Silvia di 25 e la loro bambina di appena sei mesi stanno aspettando una telefonata che non arriva. Risultati positivi al Covid-19 a metà settembre, ora stanno bene, ma per uscire dalla quarantena hanno bisogno di essere sottoposti al secondo tam-pone molecolare a domicilio, che potrebbe decretare la fine del-la quarantena. Ma quando Marco prova a chiedere informazioni all’Asl, quella competente è Roma 2, la telefonata rimane sospesa: nessuno risponde finché cade la linea. Lo stesso avviene con la mail: nessuna risposta. Così da giorni. Una condizione, la loro, simile a quella di tante famiglie che contagiati aspettano di sottoporsi al tampone domiciliare.       


La quarantena

 “E se per caso qualcuno risponde, la frase che mi sento ripetere è sempre la stessa: “deve aspettare che la chiamino”. Ma nessuno  chiama e anche durante la quarantena, la famosa sorveglianza telefonica (l’inchiesta epidemiologica) così come previsto dalla normativa e che doveva servire a valutare l’andamento della malattia per tutta la famiglia, non avviene. “Ci hanno chiamato due giorni dopo il risultato del tampone, poi più nulla. Fino ad oggi. Ormai siamo chiusi in casa dal 12 settembre e ancora non sappiamo quando potremo uscire”.


Il primo tampone

Tutto è cominciato proprio il 12 settembre quando tornando a casa dal lavoro, Marco scopre di avere la febbre. “Lavorando in una struttura sanitaria, il dubbio l’ho avuto subito: ho avvisato il medico di base e sono rimasto a casa. Due giorni dopo, visto che la febbre saliva, mi sono sottoposto al tampone mettendomi in coda in un drive-in. Risultato positivo” racconta. A quel punto, Marco avvisa colleghi, amici, familiari e comincia l’isolamento obbligatorio e arriva la febbre molto alta. Nel frattempo, anche Silvia e la piccola vengono sottoposto al test e pure loro risultano contagiate.

“Il 23 settembre iniziamo il nostro lockdown familiare senza alcun supporto sociale, con i miei genitori che ci lasciano la spesa davanti la porta, ci portano medicine e pannolini.  Io in realtà, il 23 potevo già sottopormi al secondo tampone ma visto che anche i miei congiunti sono positivi ho dovuto ricominciare una nuova quarantena come previsto dalla normativa: ossia partendo dall’ultimo tampone positivo, ossia quella della mia bambina”.

Il 4 ottobre Marco e Silvia cominciano a chiamare sia l’Asl che il medico di base per avviare la pratica per sottoporsi al se-condo tampone domiciliare. Quello che dovrebbe chiarire una volta per tutte se l’incubo per loro è finito oppure no. Invece ini-zia una nuova fase per loro: un limbo da cui non sanno come uscire.


La Asl non risponde

“Anche il nostro medico di base sta sollecitando l’iter all’Asl così come la pediatra, tra l’altro la bambina sta saltando il calendario vaccinale, aveva una visita medica già prenotata che abbiamo dovuto cancellare. Senza contare che io vorrei sapere se posso tornare al lavoro”. Per Marco e Silvia inizia un’altra giornata di isolamento, la ventinovesima. “Non sappiamo quando potremo uscire da questa casa. Stiamo bene e vogliamo rispettare le rego-le, ma come fare?” In sottofondo, si sente una voce registrata che invita a “rimanere in attesa”.  
 

Fonte: https://laprovinciapavese.gelocal.it/salute/2020/10/09/news/coronavirus_una_famiglia_chiusa_in_casa_e_la_quarantena_che_non_finisce_mai-269994352/

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