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Questa è la storia di un uomo che, dilaniato dalla perdita di un figlio a causa di un tumore, ha scelto di tramutare il dolore in speranzaRoberto Valerio ha 55 anni, vive in provincia di Firenze e di professione è militare. Al di fuori dell’orario di servizio, però, trascorre le sue giornate per offrire una chance alle famiglie meno fortunate, che lungo la propria strada hanno vissuto la stessa triste sorte toccata a lui: l’incontro con la malattia oncologica di un figlio. Una missione quasi scontata, per quest’uomo. Ma anche «l’occasione per rivedere negli occhi di ognuno di loro il mio Riccardo». Molti di questi bambini, grazie all’impegno di Roberto, oggi sono innanzitutto vivi. Poi, spesso, anche soddisfatti e affermati. Il merito? «È anche dei risultati raggiunti dalla ricerca scientifica», racconta Roberto in questa intervista, che celebra l’«unione» tra le sue volontà e quelle di Fondazione Umberto Veronesi.

Le origini di questa storia risalgono al 2002. Era da poco passata l’estate quando Roberto e sua moglie decisero di andare a fondo di un malessere che il loro unico figlio Riccardo, all’epoca di 5 anni, covava da qualche settimana. La febbre, nonostante gli antibiotici, si era impossessata del suo corpo da giorni. Da qui la decisione di andare a fondo di questo malessere, con una batteria di esami del sangue e un’ecografia addominale. Indagini di routine, che nel caso di Riccardo svelarono però il volto di un «mostro». A livello addominale, cresceva già da tempo un neuroblastoma, una forma di tumore pediatrico che origina da alcune particolari cellule del sistema nervoso periferico, quell’insieme di fasci neuronali diffusi in tutto il corpo che controllano attività involontarie come il respiro e la frequenza cardiaca. Si tratta di una forma di cancro particolarmente aggressiva che, nelle situazioni più gravi, è priva di soluzioni terapeutiche risolutive. È stato questo il caso di Riccardo, venuto a mancare nel 2008 dopo tre anni di agonia. «Documentandomi e prendendo informazioni, intuii subito che questa malattia mi avrebbe portato via l’unico figlio», racconta Roberto, che da quel momento in avanti ha deciso di impegnarsi in prima persona per i bambini colpiti da una diagnosi oncologica.

È così che è nata Cure2Children, fondazione che aiuta i bambini malati di cancro o affetti da altre gravi malattie del sangue. Con una peculiarità, quella di intervenire nei Paesi del mondo meno fortunati: dalla Georgia al Pakistan, dal Kosovo al Vietnam. Fino all’Argentina, al Marocco, all’Iraq, all'India e all’Afghanistan. L’obiettivo finale è semplice quanto affascinante: curare i bambini lì dove si trovano. Nessun viaggio della speranza: sono i medici di Cure2Children che arrivano a destinazione e affiancano il personale sanitario locale senza mai sostituirlo, per curare i piccoli pazienti. Il valore di un intervento di questo tipo è duplice: da una parte garantisce le cure più efficaci a chi si ammala, dall’altra fa crescere il bagaglio di competenze dei camici bianchi del posto. «Soltanto in questo modo, e ci stiamo riuscendo in molte realtà, si può provare a ridurre il gap che c’è nei tassi di sopravvivenza tra i Paesi avanzati e le realtà più povere - afferma Valerio -. La nostra missione punta ad assicurare pari opportunità di cura e guarigione a tutti i bambini affetti da queste terribili malattie. Più bambini accederanno alle cure, più ne potranno guarire. Così facendo, inoltre, la scienza ha la possibilità di affinare protocolli con terapie sempre più efficaci e potenzialmente risolutive».

Studiando il caso di suo figlio, Roberto fece una riflessione, che ancora oggi ripete con orgoglio: «Non c’era allora e non c’è oggi un Umberto Veronesi dei bambini». A questa constatazione, l’uomo giunse dopo essersi reso conto che non esistevano chemioterapici specifici per i più piccoli. «Nulla è cambiato: al di là delle dichiarazioni pubbliche, c'è ancora scarso interesse per i nostri figli chiamati a lottare con un tumore». Perché vero è che ogni anno, in Italia, si ammalano di cancro 1.200 bambini e 800 adolescenti: una parte infinitesimale, rispetto al dato complessivo delle diagnosi oncologiche (oltre 371mila). Ma ciò vuol dire che ogni giorno, in media, ci sono 6 o 7 piccoli individui scoprono di avere un tumore. «Ed è uno strazio che non passa mai, per loro e per noi», ripete con la voce rotta dall’emozione Roberto. Così, nel momento in cui Fondazione Umberto Veronesi decise di impegnarsi con il progetto Gold for Kids (clicca qui per scoprire tutti i dettagli) per sostenere la ricerca sui tumori pediatrici, la sinergia con Cure2Children è stata inevitabile. 

Il feeling fu da subito reciproco. Di Fondazione Umberto Veronesi, Roberto apprezzò subito «la concretezza e il rigore scientifico con cui seleziona le ricerche da finanziare». Il connubio, ormai, va avanti da anni. La Fondazione sostiene tutte le attività di Lawrence Falkner, il coordinatore scientifico di Cure2Children. È lui il «trait d’union» tra gli ematologi e gli oncologi pediatri europei e i medici locali dei Paesi in cui di volta in volta si decide di intervenire. La missione che Falkner sta portando avanti, adesso, è quella di creare centri per la cura del neuroblastoma e di altre gravi malattie del sangue nel sudest asiatico.

Fonte: Fondazione Veronesi

https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/oncologia/prendersi-cura-dei-piccoli-malati-di-cancro-in-memoria-di-riccardo?utm_source=facebook&utm_medium=social&utm_campaign=divulgazione&utm_content=oncologia&fbclid=IwAR1DuQUzhAW3TeDpz8GHts-RaXCQRm5zWHDVSaGsql5e4sytoGXiONA8Oew

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