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Prende il via ‘MissingB’, la prima campagna nazionale di vaccinazione contro l’infezione da meningococco di tipo B, presentata a Roma in conferenza stampa, che vuole stimolare i genitori ad informarsi e ad aderire alla vaccinazione per i propri figli.
Inizia con una febbre che sembra banale influenza. Poi, in poco tempo, subentrano cefalea, rigidità alla nuca, vomito e macchie sulla pelle: sono questi i sintomi della meningite da meningococco B, un'infezione fulminante delle meningi che può condurre rapidamente alla morte. Per sensibilizzare sull'importanza di una vaccinazione etica è stata lanciata oggi MissingB, la campagna d'informazione sostenuta su scala mondiale da GSK, con l'autorizzazione del Ministero della Salute e il patrocinio, tra gli altri, della Società Italiana di Pediatria e della World Federation of Public Health Associations.

Protagonisti della campagna sono tre bambini sopravvissuti alla meningite, Sabrina, Isabella e Roberto, ripresi durante scene di vita quotidiana felice. La "B" all'interno dei loro nomi sottolinea l'importanza di verificare che i soggetti più a rischio abbiano ricevuto una completa vaccinazione per la meningite: non solo dunque per i ceppi A, C, W, Y, ma anche per il MenB, molto pericoloso e spesso sottovalutato, nonostante sia responsabile della maggior parte dei casi di meningite registrati sia in Italia, che in altri Paesi Europei, così come in Canada, Stati Uniti, Australia. "Il Meningococco B risiede normalmente in modo asintomatico nella rinofaringe del 10 per cento delle persone. Poi all'improvviso decide di colpire per cause che non sono ancora note ed è fulminante perché il decorso avviene in tempi brevissimi", spiega Alberto Villani, Presidente della Società Italiana di Pediatria. "Nelle prime 4-8 ore i sintomi sono aspecifici, poi tra l'ottava e la quindicesima ora compare la triade febbre elevata, cefaea, rigore nucale, insieme a chiazze ed ecchimosi. Generalmente si arriva in ospedale tra 15esima e 24esima ora, in una fase in cui i sintomi sono terminali: 1 persona su 10 muore, 3 su 10 riportano danni permanenti. È un germe che non si riesce a combattere, imprevedibile, e anche sbilanciarsi nella prognosi è difficile. Per questo bisogna mettere in atto tutte le armi, e l'unica che abbiamo è il vaccino".

Quanto alla diffusione, l'incidenza è maggiore nella fascia di età 0-4 anni e in particolare nel primo anno di vita: si mantiene poi elevata fino alla fascia 15-24 anni e diminuisce dai 25 anni in su, pur restando possibile il contagio. La trasmissione del batterio avviene, infatti, per via aerea attraverso colpi di tosse, saliva e muco, diffondendosi maggiormente nei luoghi chiusi e affollati: quando si verifica un caso, si attua una profilassi antibiotica a tutti coloro che sono entrati in contatto con l'ammalato.

"La vaccinazione fornisce il miglior rapporto rischio-beneficio, con la doppia valenza di protezione della popolazione con l'immunità di gregge e di protezione del singolo", precisa Stefania Iannazzo, Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute. "L'importanza della comunicazione è fondamentale e in questo la responsabilità non è del cittadino, ma delle istituzioni e del personale sanitario".

La necessità di informazione sul tema risulta un nodo cruciale: secondo un'indagine condotta all'inizio del 2019 su 3600 genitori di bambini tra 2 e 10 mesi in vari Paesi, una persona su due non conosce lo stato vaccinale nei confronti del meningococco del figlio, mentre il 60% non è informato sull'esistenza di differenti seriotipi di batteri. Due genitori su tre, inoltre, non sanno che i bambini vaccinati per le forme di meningite causate dai meningococchi C, A, W e Y non risultano protetti anche dal meningococco B. "La cosa non accettabile è che una persona possa dire "non lo sapevo"", afferma Amelia Vitiello, Presidente del Comitato Nazionale contro la Meningite. "Non saperlo è una colpa, c'è una possibilità a preservare i nostri figli e il diritto dei bambini di vivere una vita normale è responsabilità del genitore. Sono una delle mamme che hanno vissuto questa situazione: nel 2007, mia figlia Alessia è stata quel caso su 10 di bambini che non ce l'hanno fatta. È iniziato tutto alle 22, alle 8 del mattino già non c'era più. All'epoca non c'era il vaccino, oggi invece esiste e per questo è importante informarsi".

La messa a punto del vaccino contro il meningococco B è arrivata, infatti, dopo decenni di ricerche ed è il risultato di uno studio tutto italiano: la natura mimetica di questo batterio ha creato nel corso del tempo ostacoli apparentemente insormontabili ai ricercatori, a causa della presenza sulla superficie di uno zucchero identico a un componente del corpo umano, tale da non sollecitare la reazione degli anticorpi. L'analisi del genoma ha portato invece a individuarne il punto debole, ovvero tre proteine in grado di scatenare la reazione del sistema immunitario: la tecnica pioneristica di "vaccinologia inversa" ha permesso di creare un vaccino efficace, compatibile con tutti i gruppi di età a partire dai due mesi, e disponibile gratuitamente per specifiche fasce di popolazione, secondo il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-2019.

"Il ruolo delle Regioni in questo senso è molto importante", aggiunge Paolo Biasci, Presidente della Federazione Italiana Medici Pediatri. "Sarebbe utile se il pediatra di famiglia potesse vaccinare direttamente il bambino, come accade da alcuni anni nella Regione Toscana, dove il sistema si basa su una doppia scelta: i genitori possono vaccinare nell'ambulatorio del pediatra di famiglia, oppure nel distretto vaccinale. Gli ultimi dati parlano del 76% delle vaccinazioni fatte negli studi dei pediatri di famiglia: è un dato importante, che dice anche molto sul gradimento delle famiglie circa le modalità di somministrazione".
Fonte: Repubblica Salute

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