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Nel dicembre del 2017, Virgilio Coluzzi, 30 anni, di Latina, pesava trenta chili e giaceva in un letto al Policlinico Umberto I di Roma, con una diagnosi che non lasciava speranze: «insufficienza respiratoria terminale». «I miei polmoni funzionavano al 40 per cento, venivo da un collasso. Ero arrivato al capolinea», racconta. Del resto, nonostante le terapie diventino sempre più efficaci, l’aspettativa di un malato di fibrosi cistica si aggira oggi sui quarant’anni. La malattia causa la produzione di un muco molto denso, che ristagna nei polmoni, provocando continue infezioni. E attacca anche altri organi, come il pancreas o il fegato.

A salvargli la vita, nella notte del 3 dicembre del 2017, è stato un doppio trapianto polmonare. Ma non solo: dopo il trapianto, nonostante fossero sopraggiunti anche problemi neurologici, che per mesi non gli hanno permesso di camminare, Virgilio, con grandissima tenacia, ha ripreso in mano il sogno a cui, dentro di sé, non aveva mai rinunciato. Ovvero, lavorare nel mondo dello sport. A vent’anni era campione regionale di taekvondo e gareggiava anche nei campionati nazionali. Una carriera interrotta dal peggioramento delle sue condizioni. «Negli ultimi anni non potevo nemmeno andare in palestra, perché avevo l’ossigeno, allora ho allestito uno spazio a casa mia, dove ho continuato ad allenarmi. E, quando non ho più potuto, mi sono messo sui libri: ho studiato per diventare personal trainer».

Dopo il diploma e con la salute in continuo miglioramento, Virgilio ha potuto aprire la sua attività. E Il 5 luglio sposerà Federica, la sua fidanzata. Le ha chiesto di sposarlo la notte del trapianto, in quelle tre ore in cui aspettavano l’arrivo degli organi in elicottero da Pavia. «Parlavo a fatica per la tracheostomia, allora le ho scritto la proposta su una lavagnetta», dice. Tempi che sembrano lontanissimi, ma la sua vita è fatta ancora di lunghe terapie giornaliere. «Passo tra le quattro e le sei ore al giorno a curarmi per stare bene: due ore mi alleno, le altre sono di terapia. Quando devo spiegare a qualcuno cos’è la fibrosi cistica, dico che è come avere uno zaino molto pesante sulle spalle, ma questo peso non deve impedirti di vivere, di lavorare, di avere una vita sociale e perché questo sia possibile anche il malato deve cercare in sé la forza di volontà, perché la tentazione di lasciarsi andare è forte», spiega Virgilio. Una tenacia che lui sente come un dovere.

«Ho aspettato sei anni in lista per il trapianto. Sono stato fortunato, una persona è mancata e mi ha donato la sua vita, ora tocca a me fare di tutto per viverla al massimo».

Tra i suoi clienti oggi ci sono malati di fibrosi cistica e non solo. «Ho quindici anni di allenamento agonistico alle spalle e ho provato in prima persona la sofferenza. Questo mi aiuta quando preparo un piano di allenamento personalizzato per chi ha una malattia e i clienti si sentono compresi e sostenuti. Io so cosa vuol dire stare così male da non poter salire le scale senza stramazzare a terra, cercando di respirare». Ma Virgilio lavora anche con persone senza problemi di salute, che vogliono solo migliorare il fisico. «Lo so, sembra assurdo che un malato di fibrosi cistica faccia il personal trainer, eppure è proprio così: mi piacerebbe che la mia storia fosse anche di motivazione per gli altri».

Redazione Respiro.News

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